La carenza di microprocessori sta rallentando la produzione di interi settori economici: questi componenti, ormai, non sono solamente il cuore di computer o smartphone, ma sono fondamentali anche per il funzionamento di oggetti di uso quotidiano come elettrodomestici, automobili o dispositivi medici.
Dato il loro ampio raggio d’impiego, la loro richiesta è molto alta. Per questo motivo, la loro scarsa reperibilità sembra essere un problema di grande importanza e, purtroppo, non di breve risoluzione.
Come staranno vivendo questa crisi le aziende italiane? In questo articolo Barbara, CEO e responsabile commerciale, e Maurizio, responsabile ricerca e sviluppo di Eurek, offrono il loro punto di vista per permettere a tutti di vedere la crisi secondo un’azienda del settore.
Come state vivendo questo periodo di crisi?
Maurizio: La situazione attuale è surreale. La carenza di materiali rende difficile capire come organizzare le attività e, di conseguenza, è molto complicato pianificare la realizzazione dei diversi progetti. Fortunatamente, il nostro ufficio acquisti si è attivato subito per effettuare ordini di componenti anche da un anno per l’altro.
Anche i fornitori stessi sono in difficoltà: fissano delle date di consegna presunte che poi, in prossimità della scadenza, rimandano. Per questo motivo, anche per noi diventa arduo comunicare al cliente delle tempistiche precise.
Barbara: Cerchiamo di pianificare il più possibile, per quanto poco si possa fare. Siamo consapevoli che non solo questa crisi non è finita, ma che può peggiorare ulteriormente. Questo, ovviamente, ci fa preoccupare: per quanto possibile cerchiamo comunque di programmare ordini e consegne, ma non è semplice.
Per l’ufficio acquisti è complicato organizzare l’arrivo dei componenti: le date di consegna continuano a mutare. Monica, la nostra responsabile acquisti, sta già ordinando microprocessori per il 2024, in modo da avere la priorità su chi ordinerà durante il prossimo anno.
Io, da commerciale, devo affrontare poi le conseguenze dei diversi ritardi nelle consegne. Nel migliore dei casi, devo chiamare il cliente e dirgli che il suo ordine è in ritardo. Nel peggiore, invece, devo comunicargli che non solo non riusciamo a fornirgli le schede elettroniche richieste, ma che se le vuole avere nei tempi previsti dovrà pagare la differenza data dall’aumento dei prezzi. Capita anche che alcuni componenti non siano più reperibili e che, quindi, l’ordine così come progettato non possa più essere evaso.
L’elemento chiave più importante che ci permette di resistere a questa profonda crisi è lo splendido rapporto che abbiamo costruito con i nostri clienti. Conoscono il nostro modo di lavorare e sanno che se richiediamo una proroga delle scadenze oppure comunichiamo una modifica dei prezzi, è perché non abbiamo scelta.
Secondo voi, quali sono le cause di questa crisi?
Maurizio: Secondo me, la pandemia è responsabile principalmente per due ragioni. Innanzitutto, ha fatto alzare notevolmente la domanda di device di ogni tipo: computer, tablet, ebook per lo smart working. Oppure telecamere per le video conferenze o smartphone più efficienti per il lavoro.
Comunque, pensando più in grande, sono aumentati proprio i dispositivi che a bordo montano un circuito elettronico. Un esempio banale sono le lampadine: a filamento non ne hanno bisogno, ma a LED sì. Per non parlare delle lampadine intelligenti: necessitano di processori capaci di collegarsi alla domotica o agli home assistant. Al giorno d’oggi, ogni cosa deve essere collegabile: tutto questo ha causato una domanda davvero alta di microprocessori.
A causa della pandemia, inoltre, molte fabbriche di microprocessori hanno dovuto interrompere o rallentare la propria produzione per mesi. Peraltro, sono collocate quasi tutte in Oriente, quindi sin dalle prime avvisaglie del virus la produzione ha cominciato a calare.
Lo scarseggiare di componenti ha fatto si che, appena ci si è accorti del problema, ogni azienda si è impegnata a fare scorta di pezzi, anche se non ne aveva bisogno immediato. Tutto questo processo ha penalizzato ulteriormente il mercato, che verge già in pessime condizioni. Si è pensato anche di dare vita a nuove fabbriche, ma ci vorranno anni prima che siano operative.
Barbara: Anche secondo me, una delle principali cause è la pandemia: il suo scoppio ha rallentato, se non addirittura bloccato, la produzione di molte fabbriche di microprocessori. Purtroppo, in Europa non c’è il silicio per poter produrre i circuiti, quindi dipendiamo completamente dall’importazione.
Come ha anticipato Maurizio, sapevamo sì di dipendere dall’Oriente, ma il diffondersi della pandemia ha sottolineato questo scenario critico.
Come state affrontando questo periodo?
Maurizio: In Eurek, appena notate le prime avvisaglie della crisi, abbiamo iniziato tempestivamente a pianificare le attività anche per tempi molto lunghi – anche per tutto il 2023 – e a organizzare gli acquisti in modo da disporre di scorte di materiale in magazzino.
Facciamo il possibile per mantenere i costi stabili oppure, in caso di impossibilità, valutiamo soluzioni alternative insieme al cliente. Se non si trovano componenti alternativi, li sostituiamo modificando il progetto iniziale.
Barbara: Monica ha fato un lavoro importante fin dall’inizio. Ha saputo prevedere il periodo critico e ha pianificato quanto possibile, riempiendo il magazzino con quanto possibile per permetterci di lavorare e consegnare le schede elettroniche nei tempi stimati. Dopo due anni, anche le scorte iniziano a calare: quando non riusciamo a reperire un componente o a trovarne uno alternativo, modifichiamo il progetto iniziale. Questo richiede mesi di lavoro e comporta ritardi nelle consegne, però ci consente di portare a termine ogni ordine.
Durante i nostri anni di lavoro, abbiamo già vissuto periodi altalenanti: erano momenti nei quali i prezzi si alzavano oppure si allungavano i tempi di consegna. La differenza è che ora il materiale non solo scarseggia, ma inizia proprio a non esserci più. Scarseggia persino dai broker: tempo fa, quando non si riusciva a reperire il materiale dai soliti fornitori, ci si rivolgeva a loro. Ora non si trova nemmeno così.
Speriamo che l’Europa si organizzi per essere più indipendente e, per quanto possibile, per produrre alcune materie da sé.
In conclusione
Lo scoppio della pandemia nel 2020 ha segnato l’inizio di una crisi nel settore dei microprocessori: la reperibilità degli stessi e dei loro materiali di costruzione è diventata sempre minore.
Molte fabbriche in Oriente, infatti, a causa delle normative di prevenzione di diffusione del virus hanno dovuto ridurre i turni di lavoro o addirittura sospendere le linee produttive. Ciò ha comportato un lack nella produzione di circuiti elettronici.
Inoltre, l’obbligo di studiare e lavorare da casa ha fatto esplodere la richiesta di device elettronici, incrementando la domanda di microprocessori.
Meno disponibilità di circuiti e una domanda degli stessi sempre crescente: una crisi di mercato era inevitabile. L’augurio di Eurek è che venga implementata la costruzione di nuove fabbriche: solo in questo modo sarà possibile rispondere alla richiesta sempre crescente di circuiti.